IL COLORE DEI SOGNI

Project Description

IL COLORE DEI SOGNI
di Valter Berni 

“Viaggiare è come sognare: la differenza è che non tutti, al risveglio, ricordano qualcosa, mentre ognuno conserva calda la memoria della meta da cui è tornato”. Così scriveva Edgar Allan Poe.
Per Valter Berni questa calda memoria è anche intrisa di colori, d’emozioni e d’ulteriori sogni.

Autodidatta estremamente fecondo, dai primi anni ’60 del secolo scorso e ancor più dopo aver cessato la sua lunga attività di mobili d’arredo e di design, egli s’è immerso nella pittura, affidandosi ai ricordi di soggiorni in luoghi esotici e lontani, rielaborandoli attraverso un raffinato senso del colore acquisito con l’esperienza, così da restituire qualcosa che va ben oltre la visione oggettiva. A volte si avvale di simboli molto semplici, direi archetipici, ma non per questo meno evocativi (la luna, l’idolo, l’onda, il vulcano, il cavallo, la scimmia); proprio come accade nei sogni, restano e riaffiorano elementi chiave per esplorare l’interiorità. E questa interiorità reclama a gran voce, con tinte accese, luminose, vibranti, l’aspirazione profonda alla libertà. In questo senso “Galoppo verso l’ignoto” è quasi una dichiarazione di poetica.

Berni è infatti libero quando dipinge sfuggendo di fatto a tutte le categorie, le regole, le sovrastrutture razionali e prospettiche, accogliendo le suggestioni avanguardistiche di Schifano, fino ad infrangere il tabù del segno e della figurazione. Si spinge quindi a raccogliere tra i suoi ricordi fotogrammi emotivi, attraversando la memoria e riprendendola dall’alto di un drone surreale (Favelas, Fenicotteri rosa, Giardini d’Italia) o percorrendo le vertigini dell’immaginazione per fermare addirittura visioni cosmiche (Formazione di una supernova, gli Ufo ci guardano, Frammenti di asteroide, Galassia in formazione). Berni pare lasciarsi incantare dalla meraviglia dell’universo, affascinare dal mistero della natura così che anche la sua astrazione, materica, corposa, tridimensionale, viene pervasa da questa spinta romantica, da questo gioioso sgomento per il sublime. L’abbandono della forma si traduce quindi in un concerto cromatico, in un inno festoso alla bellezza del cosmo.

L’artista si concede anche sperimentazioni del tutto fuori dal suo solito contesto, come il “Vescovo” dipinto su una porta, con effetto di crettatura e una posa frontale, aulica, stilizzata, tale da rievocare le figurazioni simil-affresco di Campigli, a loro volta ispirate all’antichità etrusca. Tale eccezione, arricchita anche da elementi materici quali la tela di iuta, è indice di un continuo approfondimento dell’artista riguardo ai propri mezzi e alle proprie suggestioni culturali. Berni, come tanti autodidatti, ha imparato osservando, provando, inseguendo le proprie inclinazioni interiori, con libertà e passione.

Nelle sue peregrinazioni vere o immaginarie, ha trovato la spinta per andare avanti, sempre e comunque. E come spesso accade, nei sogni, non ci sono le ombre, ma tinte increspate che affiorano in superficie anche dagli abissi dell’inconscio. Sono i manti del mistero dell’esistenza, delle sue inaspettate favole (La regina e il lupo, La marchesa osserva). Inaspettate però, non casuali. Allora anche il suo definirsi, con troppa umiltà, “pittore per caso” o lo stesso “Autoritratto per caso”, ha di fatto la sua giustificazione e determinazione nella necessità dell’arte, nell’impellenza di creare, di dare un colore al proprio essere, alle proprie speranze, al proprio amore per la vita, in tutte le sue declinazioni. Inevitabilmente, l’autenticità di questo trasporto, la vocazione per nulla casuale di Berni, sono provate dalla capacità di coinvolgere lo spettatore che si va perdendo anche lui in una migrazione senza tempo e spazio, nell’incanto dell’universo, condotto magicamente dal colore dei sogni..           Manuela Bartolotti