Abbracci

Project Description

ABBRACCI
mostra collettiva di: 
NERONE (SERGIO TERZI)
GOLIARDO PADOVA
LUIGI PASTORI
CARLO RONDA
DARIO ROSSI


Il cielo abbraccia la terra e quasi vi si confonde nell’acqua di una lanca silenziosa, si chiudono in un abbraccio le ali degli uccelli migratori di Goliardo Padova. Intrecciano i rami i gelsi e si fondono le loro ombre, danzano i contadini nel fiume in mezzo ai prati fioriti di Dario Rossi. Il gallo canta alla luna e la melodia unisce i dolori e le speranze del mondo così che uomini e animali mischiano le loro esistenze fin a confondersi nelle opere di Nerone. È tutto un abbraccio necessario, risolutivo, confortante e materno quello che si compie nei quadri di Carlo Ronda. Più che umano, unione fisica e metafisica, ritorno alla Grande Madre. La stessa che per Luigi Pastori è ma infine per ognuno la Natura, la Terra. Alla fine per tutti c’è un cerchio che si chiude, una storia che ricomincia, dal basso all’alto, dalla morte alla vita.
Questi cinque artisti hanno in comune lo stile pittorico che si può definire espressionista, con diverse personalissime interpretazioni, ma denotano tutti un dialogo incessante con la vita, spesso doloroso, comunque sempre risolto in una composizione armonica che cerca di trovare la risposta con la fusione tra uomo e natura, tra uomo e universo.
Se in alcuni prevale la natura e viene espressa con evidenza materica, specialmente in Dario Rossi, in Goliardo Padova, ed esuberanza cromatica, sempre in Rossi e Nerone, invece in Ronda e Pastori il focus è l’uomo. Ronda cerca nei suoi corpi contorti e nelle pose orientaleggianti, l’accordo con l’Universo. Da figurazioni infernali, incubi alla stregua di Bosch, passa ad una sorta di Nirvana, compiendo una sua originale, intima Divina Commedia. Le visioni allucinatorie di una fisicità quasi ossessiva dei primi tempi, lasciano il campo a opere più contemplative, avvolte in una dimensione estatica d’ascendenza buddista. Persino i colori cambiano, virano dal rosso fiammante e dalle tinte cupe ad un prevalente pacificante azzurro. Pastori invece, nonostante il tratto fortemente marcato, espressionista in stile tedesco delle figure, risolve il destino di questa “comedie humaine” in un sodalizio di fraternità e amore tra uomini, fiducioso nell’accordo tra esseri e natura, evocando non tanto un Paradiso celeste, ma piuttosto terrestre, un Eden primigenio. A ben vedere, è anche quello esotico, selvaggio, di Nerone, ma in lui la pace è solo apparente, perché si percepisce sempre la sottesa presenza di una minaccia, di un pericolo; una sottile inquietudine pervade i suoi quadri.
Padova, da parte sua, osserva e accetta questa realtà di trasformazione, dove la vita si nutre di se stessa, la luce riverbera sul fango, il battito di un’ala infrange il silenzio. Goliardo contempla il vorace e stupefacente ciclo dell’esistenza con consapevolezza e rassegnazione. Anche Dario Rossi lo coglie, ma l’esprime con la sovrapposizione delle tinte, quasi che i colori s’inghiottissero l’un l’altro; la materia già densa, vischiosa di Padova, diventa in lui onda che sfonda la bidimensionalità del quadro per travolgere l’osservatore. L’emozione raccolta, introversa, concentrata di Goliardo (un’intima lanca, un volo racchiuso), si estroflette in Rossi, il soffocato lamento dell’essere diventa grido di luce, esplodono le forme, tutto è attraversato da una brama amorosa incontenibile, da un amplesso universale tra uomo e mondo, tra terra e cielo.                                                                      Manuela Bartolotti