UTOPIE-OSTACOLI

Project Description

UTOPIE-OSTACOLI
di Giuseppe Ziveri

Tutti i fiori sono cieli. Tutti i cieli sono fiori.
Tutti i fiori ardono. Tutti i cieli fioriscono.
E così passa il tempo, in cui fluttuano i fiori.
(Hans Arp)

Giuseppe Ziveri ha avuto un percorso artistico complesso, molto articolato, passando da un inizio figurativo evocativo, fino a giungere, attraverso evoluzioni di forme e segni, all’astrazione più pura, mantenendo sempre l’attitudine alla precisione grafica rigorosa. Nonostante i cambiamenti e l’evoluzione verso la sintesi astratta, ci sono tuttavia due elementi imprescindibili e inconfondibili nella sua arte: la struttura geometrica e la natura. Anzi, si potrebbe dire ancor meglio la “geometria della natura”, come forma ideale nascosta dentro le cose e dentro le creature, vegetali e animali. Per questo in mostra non ci sono solo gli ultimi sviluppi con costruzioni piramidali, parallelepipedi in sovrapposizioni armonizzate dai colori, ma si possono vedere anche fiori, foglie e uccelli degli anni ’80, con anime di luce, quasi incarnazioni di un mistero universale. Inoltre, c’è una natura morta, anzi uno stelo fiorito che sembriamo ritrovare nella leggerezza sospesa di un’opera (Equilibrio) invece costruita di equilibri geometrici. Come i grandi astrattisti (Kandinskij e Mondrian),
Ziveri ha - con un gioco di parole - estratto e astratto; ha estratto lo scheletro della realtà e ha astratto, trovando le forme perfette dentro nascoste. Platonicamente parlando, l’artista si è ricondotto al mondo delle Idee e alla perfezione della geometria di cui tutto l’universo è costituito. E anche quelli che potrebbero sembrare dei divertissement sfuggiti all’inconscio (avete presente quei disegni che si fanno distrattamente senza pensare? Intrecci, sagome geometriche? Non è un caso che lui sia anche un grafologo) vengono ordinati e riorganizzati dal colore con accordi calibrati, ragionati e controllatissimi. Queste opere allora sono assimilabili a mandala che tramandano architetture utopiche, aspirazioni interne che si fanno strutture di spazi urbani ideali, ascensionali, oppure al contrario diventano sbarramenti e ostacoli. I tanti cespugli e roveti degli anni ’70 si sono trasformati in incroci di triangoli acuti e acuminati, di linee, barricate da superare. Basta però spostare la composizione cromatica, orientarla diversamente ed ecco che le barriere vengono meno, le prospettive si alzano, la direzione è il cielo, ancora una volta, quello dove si libravano gli stormi di uccelli, con anime pulsanti di speranza.
Ziveri riesce sempre a risolvere gli ostacoli, a far fiorire i cespugli, a ritrovare una condizione di serenità, di pace, un equilibrio di forme laddove sembrerebbe impossibile. La sua arte è un esercizio di elaborazione mentale, un’operazione catartica che mira a trascrivere i nodi esistenziali per poi scioglierli con linee e tinte, a disegnare utopie (etimologicamente non luoghi o luoghi indeterminati) per decrittare la mappa di uno spazio interiore, perfetto, oasi tra intersezioni di foglie, di petali, rami, pausa tra lo slancio di ali, centro di equilibrio dell’universo (centro di gravità permanente avrebbe detto Battiato), quiete di luce alla somma dei colori, punto di fuga infinito tra geometrismi. Una ricerca continua, un rinnovarsi e succedersi di figure in crescendo, come fa la natura, senza sosta. E quando finalmente l’artista si ferma è contemplazione, bellezza libera da vincoli e paure. Non deve più argomentare nulla, non più tendere, aspirare e sperare, ma solo fiorire come le nuvole e i cieli delle poesie dell’amato Hans Arp .               Manuela Bartolotti