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La musica del colore

Settembre 21, 2021

La musica del colore

La Chaos Art Gallery è lieta di annunciare, in occasione del terzo anniversario della Galleria,
la mostra La musica del colore antologica di Alfredo Chiapponi 
11 settembre / 07 ottobre 2021
Ingresso libero

“Il colore è un mezzo per esercitare un influsso diretto sull'Anima.
Il colore è il 
tasto. L'occhio è il martelletto.L'Anima è un pianoforte con molte corde.
L'
artista è la mano che con questo o quel tasto porta l'anima a vibrare.” 
(V. Kandinsky)

 

C’è un aneddoto che Chiapponi amava ricordare ed è l’insegnamento del suo maestro Cristoforo De Amicis. Un giorno gli chiese di dipingere un albero e dopo aver visto che si sforzava di farlo il più realistico possibile, seppur corretto, glielo fece rifare perché non doveva rappresentare un albero qualsiasi, ma il “suo” albero, con forma e colori costruiti dalla sua anima, dalla sua personalità e dai suoi desideri. 

Da quell’episodio Alfredo (Dino) Chiapponi è rapidamente passato dal figurativo e dalla riproduzione fedele della realtà all’espressionismo, sintetizzando i segni ed esasperando le tinte, stendendo le tinte con spatolate cèzanniane prima e poi con à plat matissiani. La linea, il colore dovevano bastare e vibrare, caricandosi dell’essenza della visione. Dino cominciò a studiare anche Kandinskij, leggendo i suoi scritti teorici, quindi Mondrian, e finì con naturalezza dalla fisica delle cose alla metafisica, all’astrazione pura. 

Quella moltitudine d’emozioni, quel carico di sentimenti che lo assalivano andava così a comporsi in geometrie, in mosaici di luce e ombra dove persino il tanto temuto nero, il reietto della pittura, tornava protagonista e pregno di significati quali dolore, presagi oscuri, ineluttabili ferite alla luce, alla speranza. Sempre tuttavia denso e palpitante. E infatti vibra anch’esso nei quadri di Chiapponi, come le note intermedie della scala musicale, i diesis, che devono esserci perché l’armonia si compia, perché Il bene ha in sé il male e viceversa. Questo è particolarmente evidente nel ciclo realizzato dopo l’attentato alle Torri gemelle e in quello de “L’ultima notte”, dedicato all’amata moglie Uccia, prematuramente scomparsa per tumore. Quest’ultimo è un vero e proprio Requiem, dove il percorso dell’angoscia è fatto di sbarre scure e note viola, gialle, azzurre, diversamente disposte a seconda delle oscillazioni di malattia, speranza e disperazione. Ma infine è una liberazione, la luce vince, l’amore vince. E prevale il colore sul nulla. Fioriscono le note della vita e del suo immenso mistero. 

Percorrendo le sale dell’antologica ci accorgiamo quanta di questa esistenza ci vibri intorno, è un concerto cromatico che rapisce, onde sonore che trasportano senza sosta. Si susseguono prevalentemente opere astratte, da quelle ancora irruente e con visibile lo scheletro della figurazione, sebbene sfuocato dalla prepotenza delle tinte e dalla sopraffazione dell’atmosfera interiore. Ha la meglio l’emozione sulla chiarezza dell’immagine; il famoso “suo” albero, “suo” paesaggio, “suo” mondo prevalgono, ricombinandosi in una sinfonia di colori dove ogni tratto è necessario, nulla superfluo. Così un dettaglio cromatico, una pennellata racchiudono tutto il senso della visione, facendo convergere l’occhio verso lo spiraglio per la comprensione, la chiave, talora inaspettata, per la verità. Questo è lo stratagemma geniale dell’artista: condurci dove vuole, sulla soglia della rivelazione.

Nei lavori di astrazione pura, quelle lastre a sublimazione che paiono scacchiere o vivacissimi mosaici, ecco allora la minuscola tessera gialla a irrompere e illuminare tra rossi, indaco, blu e griglie nere più o meno sottili. Questo è Chiapponi, quest’ostinato ritorno di vita e speranza, quest’inesausto cercare la fenditura della luce, il vero ed il bello. E’ così anche nei nudi, non più oggetti metafisici, studi ossessivi della forma e dell’essenza della realtà come faceva Cèzanne, ma piuttosto astrazioni carnali, corpi in geometrie trepidanti, sintesi sensuali.  Quest’approccio si nota ancor più nelle foto, dove ombra e luce si uniscono in un morbido amplesso sui corpi e persino sulle cose, le strade notturne, le case, le piazze della “sua” Parma. Chiapponi è stato infatti anche fotografo e scultore, ebanista, disegnatore di gioielli, infine e soprattutto poeta con penna, pennello e obiettivo. Un eclettico appassionato, uno studioso instancabile e curioso che sapeva riordinare i moti dell’animo in costruzioni pittoriche articolate e armoniose, come fa un musicista  con le note, gli accordi, le scale. E come sanno fare solo i veri artisti, sapeva intridere di sé e di significato ogni pennellata, ogni segno perché l’eco profondo dell’esistenza ci continui a toccare e commuovere ancora e ancora, a trasportare dentro di noi, oltre le cose, a vedere il mondo nel suo e nostro modo. In quel sussulto oltre la tela è la verità che non ci è data, ma solo suggerita, sussurrata, dall’incantesimo del colore, dal minuto particolare, dal remoto rintocco che torna, come il bagliore che resta negli occhi chiusi dopo aver guardato il sole. E’ uno spasmo di luce, un battito di cuore, l’eternità dell’arte. E del vero amore. 

Manuela Bartolotti   

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