Venerdì, 14 Aprile 2023 22:08

La forza della natura

La forza della natura

FONDAZIONE UCCIA FIENI CHAOS ART GALLERY  
sono liete di Invitare la S.V. all’inaugurazione della mostra

 

"La forza della natura"

Alfiya Galiullina
Eugenia Giusti
Loredana Orlandini
Marco Papagni
Annalisa Savi

 

Sabato 15 aprile, ore 17,30

Tutto è in tutto e tutto si muove e trasforma, in un perenne scambio simbiotico. Dalla terra, dal minerale alla pianta, alla foglia, al fiore, all’acqua, al fuoco, di nuovo alla terra e al respiro d’anima che dà l’artista, restituendo col colore o coll’impasto di creta, la vibrazione profonda, l’energia, la forza inestinguibile della natura. E della vita. 

 

Non mi era mai capitato di vedere nature morte di pietre. Di qualsiasi altra cosa o elemento naturale è abbastanza normale, quasi scontato. Ma non di pietre. Eppure esse rappresentano l’energia più intima e ancestrale della terra, i loro colori e riflessi irradiano misteriose frequenze che interagiscono con la mente e il corpo. Loredana Orlandini porta in mostra queste gemme incantate, introducendoci nel cuore della natura, all’origine della sua forza inesauribile. Ecco poi Eugenia Giusti con il suo “Albero della vita” realizzato su legno grezzo, i cui anelli sembrano disegnare in una sorta di anamorfosi involontaria, l’immagine di un teschio. Quella che appare come una rappresentazione normale, rasserenante, cela l’inquietante traccia del destino, del memento mori e del cerchio eterno dell’esistenza, il legame indissolubile tra uomo e cosmo. Ugualmente i suoi boschi in fiamme riconducono alla follia dell’essere umano e alla distruzione della bellezza del creato di cui siamo spesso testimoni impotenti. La Giusti ha spesso affrontato con la sua sensibilità artistica queste tematiche, inserendo nelle opere pezzi di materiale e producendo un’efficace materica tridimensionalità.
Annalisa Savi ci riporta invece in una dimensione più serena, nella pacificante atmosfera primaverile delle fioriture, nell’esuberanza dei prati di papaveri o nel tripudio rosaceo della magnolia. Oppure panorami marini, visioni distensive e romantiche interpretate con grazia e stupita meraviglia. Anche le sue ceramiche raku sono ispirate al mondo naturale e al mito, con suggestioni simboliche: elefanti, iridescenti conchiglie, la testa di Medusa.
Alfiya Galiullina si sofferma sul dettaglio di una foglia sul bordo di un ruscello per dire dell’”alfa e omega”, dell’acqua elemento vitale e originario che sta per condurre via la foglia rossa e caduta, indicando quella ciclicità di cui siamo tutti parte e che la natura esalta con le tinte: chiara, trasparente la nascita, rosso come anche il tramonto il preludio della fine. La sua presa diretta dell’emozione davanti alla natura è interpretata con ancor maggior efficacia attraverso la tecnica dell’acquerello, dove riesce a dare più ampio respiro alla contemplazione, facendo affiorare dalla carta l’istante irripetibile, lo sguardo incantato sul mondo.
Infine, ultimo ma non ultimo, l’unico uomo e puramente scultore in questa rassegna altrimenti declinata al femminile. Marco Papagni torna ad illustrare con la creta le figure dei dannati dell’inferno dantesco e predilige le forme metamorfiche, le creature metà uomo metà pianta come il suicida Pier della Vigna, oppure le classiche mitiche Driadi. La sua abilità è nell’impasto denso di materia e spirito che riesce a dare alle sue creazioni, nel drammatico incresparsi e spezzarsi di un volto, nel contorcersi delle membra. Ci fa sentire il grido altissimo di anime prigioniere nella forma. Tutti questi 5 artisti ci dicono come l’umanità sia fragile parte dell’universo. Tutto è in tutto e tutto si muove e trasforma, in un perenne scambio simbiotico. Dalla terra, dal minerale alla pianta, alla foglia, al fiore, all’acqua, al fuoco, di nuovo alla terra e al respiro d’anima che dà l’artista, restituendo col colore o coll’impasto di creta, la vibrazione profonda, l’energia, la forza inestinguibile della natura. E della vita.
     Manuela Bartolotti

 
15 -26 aprile 2023, Chaos Art Gallery, Vicolo al Leon d’Oro 8, Parma,
Orari: da martedì  a sabato 10:00-12:30 / 16:00-19:00, domenica 16:00-19:00.

 Per info e appuntamenti: 0521.1473924
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FONDAZIONE UCCIA FIENI ONLUS
Sede Legale presso Casa Cura Città di Parma

Piazzale Athos Maestri 5 - 43123 Parma
tel. +39 366 300 1181

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Giovedì, 06 Aprile 2023 20:43

SOGNO

Raffaella BELLANI
"SOGNO"

Nell’arte di Raffaella Bellani tutto sembra legarsi ad un filo invisibile e inconscio, tra terra e cielo, tra aria e acqua, aldiquà e aldilà. È un graffito sottile tra scritte sospese e sguardi affioranti, in bilico tra passato e futuro, è un’evocazione e un’invocazione interiore. Un sogno. E un misterioso, magico ricongiungimento.

Le donne, il mondo, i pesci. Ecco le tematiche di Raffaella Bellani. Ma cosa li lega, oltre ai materiali che s’insinuano e sovrappongono? Un filo invisibile e inconscio, tra terra e cielo, tra aria e acqua, aldiquà e aldilà. È un graffito sottile tra scritte sospese e sguardi affioranti, in bilico tra passato e futuro, è un’evocazione e un’invocazione interiore. Un sogno. Bellani ha sempre fatto molti ritratti, quasi tutte donne con dentro universi di cose, scatole cinesi d’immagini, fioriture di pensieri e memorie come giochi di riflessi, emersioni simboliche e oniriche. Il suo linguaggio è solo apparentemente realistico, figurativo, perché poi invade i territori dell’inconscio, andando oltre, divenendo surreale e metafisico. Le giustapposizioni di tecniche che sembrano inspessire le sue tele, creando rilievi, paradossalmente le sgravano del peso della materia, approfondendo le piste d’indagine, moltiplicando le chiavi di lettura. La sua è una pittura solo apparentemente semplice e immediata, ma in realtà è estremamente introspettiva e articolata. Le ultime opere vedono protagonisti pesci, colorati e fantastici, silhouettes elementari fluttuanti nell’etere. Eppure sono archetipi e simboli alchemici, veicoli muti di messaggi ineffabili. Aggrappati ad essi, su altalene, quasi mimetizzate sono donne e bambine dai capelli rossi e ricci, vitali apparizioni del sé. Non bisogna lasciarsi ingannare anche qui dalla semplicità di queste scene, leggere, quasi decorative, eppure misteriose. Le superfici graffiate, elaborate con inserti materici raccontano poi molto più di una storia individuale e personale, ma dispiegano in sguardi e profili l’eterno femminino, l’Anima mundi, la donna nella sua essenza. Si sente come la Bellani dipinga in un trasporto quasi medianico, afferrando intuizioni superiori, esprimendo l’arcano dell’esistenza con gesti artistici che scavano pensieri. Dietro le tele (e talvolta anche sopra, quasi in filigrana) trascrive il diario interiore di questi momenti estatici, le tracce per orientarsi nei labirinti dell’anima. E poi ecco sorgere una parola: ricongiungimento. Il filo del sogno conduce in alto, oltre quella superficie scabra, oltre la pelle segnata e lo sguardo d’incolmabile attesa. Le sue opere spingono sempre verso approdi d’ulteriori immaginazioni. Sogni o magie? Forse entrambe le cose.    Manuela Bartolotti

 

 

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Giovedì, 06 Aprile 2023 20:25

SOGNO

Raffaella Bellani

FONDAZIONE UCCIA FIENI CHAOS ART GALLERY  
sono liete di Invitare la S.V. all’inaugurazione della mostra

 

Raffaella Bellani

"SOGNO"
 

 

Sabato 25 marzo, ore 17,30

Nell’arte di Raffaella Bellani tutto sembra legarsi ad un filo invisibile e inconscio, tra terra e cielo, tra aria e acqua, aldiquà e aldilà. È un graffito sottile tra scritte sospese e sguardi affioranti, in bilico tra passato e futuro, è un’evocazione e un’invocazione interiore. Un sogno. E un misterioso, magico ricongiungimento.

 

Le donne, il mondo, i pesci. Ecco le tematiche di Raffaella Bellani. Ma cosa li lega, oltre ai materiali che s’insinuano e sovrappongono? Un filo invisibile e inconscio, tra terra e cielo, tra aria e acqua, aldiquà e aldilà. È un graffito sottile tra scritte sospese e sguardi affioranti, in bilico tra passato e futuro, è un’evocazione e un’invocazione interiore. Un sogno. Bellani ha sempre fatto molti ritratti, quasi tutte donne con dentro universi di cose, scatole cinesi d’immagini, fioriture di pensieri e memorie come giochi di riflessi, emersioni simboliche e oniriche. Il suo linguaggio è solo apparentemente realistico, figurativo, perché poi invade i territori dell’inconscio, andando oltre, divenendo surreale e metafisico. Le giustapposizioni di tecniche che sembrano inspessire le sue tele, creando rilievi, paradossalmente le sgravano del peso della materia, approfondendo le piste d’indagine, moltiplicando le chiavi di lettura. La sua è una pittura solo apparentemente semplice e immediata, ma in realtà è estremamente introspettiva e articolata. Le ultime opere vedono protagonisti pesci, colorati e fantastici, silhouettes elementari fluttuanti nell’etere. Eppure sono archetipi e simboli alchemici, veicoli muti di messaggi ineffabili. Aggrappati ad essi, su altalene, quasi mimetizzate sono donne e bambine dai capelli rossi e ricci, vitali apparizioni del sé. Non bisogna lasciarsi ingannare anche qui dalla semplicità di queste scene, leggere, quasi decorative, eppure misteriose. Le superfici graffiate, elaborate con inserti materici raccontano poi molto più di una storia individuale e personale, ma dispiegano in sguardi e profili l’eterno femminino, l’Anima mundi, la donna nella sua essenza. Si sente come la Bellani dipinga in un trasporto quasi medianico, afferrando intuizioni superiori, esprimendo l’arcano dell’esistenza con gesti artistici che scavano pensieri. Dietro le tele (e talvolta anche sopra, quasi in filigrana) trascrive il diario interiore di questi momenti estatici, le tracce per orientarsi nei labirinti dell’anima. E poi ecco sorgere una parola: ricongiungimento. Il filo del sogno conduce in alto, oltre quella superficie scabra, oltre la pelle segnata e lo sguardo d’incolmabile attesa. Le sue opere spingono sempre verso approdi d’ulteriori immaginazioni. Sogni o magie? Forse entrambe le cose.     Manuela Bartolotti

 

RAFFAELLA BELLANI "SOGNO"
Sabato 25 marzo, ore 17,30
25 marzo - 12 aprile 2023, Chaos Art Gallery, Vicolo al Leon d’Oro 8, Parma,
Orari: da martedì  a sabato 10:00-12:30 / 16:00-19:00, domenica 16:00-19:00.
Pasqua e Pasquetta: 16:00-19:00

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Martedì, 28 Febbraio 2023 21:32

RIFLESSI D'UMANO

Valerio TOSI
"RIFLESSI D'UMANO"

Ogni foto di Valerio Tosi trasuda passione per la vita, amore incondizionato per l’umanità. Ed è la magia che rende ogni cosa da lui ripresa speciale, irripetibile, perfetta. Dal primo ciclo de “Lo specchio di Narciso” fino all’ultimo del Museo Guatelli troverete il dialogo degli oggetti, la loro umanizzazione, quasi che in ognuno palpiti un’anima e vibri un messaggio che trascende le apparenze, squarciando il velo di Maya. Riflessi, visioni, sovrapposizioni, nulla è quello che sembra e nasconde sempre un infinito. E un abbraccio. Sì, un abbraccio, tra cielo e terra, tra uomo e sé stesso, tra ombra e luce. Qualsiasi stralcio di realtà può essere spunto di memoria o d’immaginazione, racconto di una storia, specchio in cui Alice cade alla ricerca di una strada e di una risposta. Risposta che non c’è. C’è il tempo che ride da una sveglia buffa, la Venere nuda (incarnazione dell’eterno femminino) che sorge da una tazza, i telefoni che dialogano innamorati in intrecci di fili. E poi c’è un occhio che osserva oltre. Affiora dal selciato di una strada, si sfoglia da un manifesto strappato, sbircia da dietro una vetrina, si deforma nella manipolazione di una scena sul monitor televisivo. L’umanità è fatta di sguardi incrociati, di riflessi ingannevoli, d’illusioni metafisiche come quelle de “La nuova Atlantide”, ciclo straordinario e visionario presentato nel 2003 alla Casa G. Cini di Ferrara con prefazione critica di Arturo Carlo Quintavalle. Il comune denominatore di tutte le immagini di Tosi è la sovrapposizione tra reale e virtuale, al punto che non si sa più cosa sia l’uno e cosa l’altro. Questa fusione o voluta con-fusione genera una bellezza toccante e mai scontata, profondissima, quasi scandagliasse con l’obiettivo i più remoti e inarrivabili universi interiori, sfiorando davvero il sublime, come avrebbero detto i romantici, ma partendo dall’elemento più inosservato e ignorato (un cartellone slabbrato, una pozzanghera, un riflesso di una vetrina, un fotogramma in tv, una scheda madre di un computer, un vecchio oggetto abbandonato e polveroso), come nell’arte pop o povera. Bisogna avere il caos dentro di sé per partorire una stella danzante scrisse Nietzsche. Ecco quello che ha fatto Valerio Tosi. Perché dentro questo caos c’è il cosmos, dentro il disordine dell’esistenza c’è l’ordine. Nietzsche, Jung, Francesco Bacone, William Blake, Ermete Trismegisto, l’Ecclesiaste tra i pensatori, Kandinskij, Klee, Savinio, Morandi, Magritte tra i pittori, Luigi Ghirri tra i fotografi. Ecco alcuni dei riferimenti ideali di quest’artista raro che se n’è andato troppo presto, lasciandoci tuttavia un patrimonio di opere e di pensiero così prezioso da poter ispirare altri dopo di lui. Il genio è chi sa vedere dove nessuno guarda e cogliere il tesoro della bellezza, il diamante grezzo dove nessuno la trova. Semplicemente ribaltando il punto di vista, avvicinando ciò che è lontano e allontanando ciò che è vicino, non con l’occhio però, “attraverso” l’occhio. Allora scopriamo nelle cose quegli specchi infiniti e infiniti riflessi d’umano.    Manuela Bartolotti

 tosi

 

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Martedì, 28 Febbraio 2023 21:18

RIFLESSI D'UMANO

Valerio TOSI

FONDAZIONE UCCIA FIENI CHAOS ART GALLERY  
sono liete di Invitare la S.V. all’inaugurazione della mostra

 

VALERIO TOSI
"RIFLESSI D'UMANO"
 

 

Sabato 4 marzo, ore 17,30


Alla Chaos Art Gallery a partire da sabato 4 e fino al 22 marzo, si ricorda con una mostra fotografica antologica il fidentino Valerio Tosi a 21 anni dalla sua scomparsa. 6 cicli di fotografie uniche e geniali, 6 percorsi nell’umanità, nelle sue apparenze e nei suoi inganni, 6 sguardi a fermare con l’effimero di uno scatto e di un riflesso lo spazio, il tempo, ma soprattutto l’infinito che dietro si cela. Infine 6 punti di vista alternativi e un insegnamento che il fotografo e artista Valerio futurTosi ci ha lasciato: bisogna non solo guardare, ma vedere. Non con l’occhio, ma attraverso l’occhio.

 

Ogni foto di Valerio Tosi trasuda passione per la vita, amore incondizionato per l’umanità. Ed è la magia che rende ogni cosa da lui ripresa speciale, irripetibile, perfetta. Dal primo ciclo de “Lo specchio di Narciso” fino all’ultimo del Museo Guatelli troverete il dialogo degli oggetti, la loro umanizzazione, quasi che in ognuno palpiti un’anima e vibri un messaggio che trascende le apparenze, squarciando il velo di Maya. Riflessi, visioni, sovrapposizioni, nulla è quello che sembra e nasconde sempre un infinito. E un abbraccio. Sì, un abbraccio, tra cielo e terra, tra uomo e sé stesso, tra ombra e luce. Qualsiasi stralcio di realtà può essere spunto di memoria o d’immaginazione, racconto di una storia, specchio in cui Alice cade alla ricerca di una strada e di una risposta. Risposta che non c’è. C’è il tempo che ride da una sveglia buffa, la Venere nuda (incarnazione dell’eterno femminino) che sorge da una tazza, i telefoni che dialogano innamorati in intrecci di fili. E poi c’è un occhio che osserva oltre. Affiora dal selciato di una strada, si sfoglia da un manifesto strappato, sbircia da dietro una vetrina, si deforma nella manipolazione di una scena sul monitor televisivo. L’umanità è fatta di sguardi incrociati, di riflessi ingannevoli, d’illusioni metafisiche come quelle de “La nuova Atlantide”, ciclo straordinario e visionario presentato nel 2003 alla Casa G. Cini di Ferrara con prefazione critica di Arturo Carlo Quintavalle. Il comune denominatore di tutte le immagini di Tosi è la sovrapposizione tra reale e virtuale, al punto che non si sa più cosa sia l’uno e cosa l’altro. Questa fusione o voluta con-fusione genera una bellezza toccante e mai scontata, profondissima, quasi scandagliasse con l’obiettivo i più remoti e inarrivabili universi interiori, sfiorando davvero il sublime, come avrebbero detto i romantici, ma partendo dall’elemento più inosservato e ignorato (un cartellone slabbrato, una pozzanghera, un riflesso di una vetrina, un fotogramma in tv, una scheda madre di un computer, un vecchio oggetto abbandonato e polveroso), come nell’arte pop o povera. Bisogna avere il caos dentro di sé per partorire una stella danzante scrisse Nietzsche. Ecco quello che ha fatto Valerio Tosi. Perché dentro questo caos c’è il cosmos, dentro il disordine dell’esistenza c’è l’ordine. Nietzsche, Jung, Francesco Bacone, William Blake, Ermete Trismegisto, l’Ecclesiaste tra i pensatori, Kandinskij, Klee, Savinio, Morandi, Magritte tra i pittori, Luigi Ghirri tra i fotografi. Ecco alcuni dei riferimenti ideali di quest’artista raro che se n’è andato troppo presto, lasciandoci tuttavia un patrimonio di opere e di pensiero così prezioso da poter ispirare altri dopo di lui. Il genio è chi sa vedere dove nessuno guarda e cogliere il tesoro della bellezza, il diamante grezzo dove nessuno la trova. Semplicemente ribaltando il punto di vista, avvicinando ciò che è lontano e allontanando ciò che è vicino, non con l’occhio però, “attraverso” l’occhio. Allora scopriamo nelle cose quegli specchi infiniti e infiniti riflessi d’umano.     Manuela Bartolotti

 

VALERIO TOSI "RIFLESSI D'UMANO"
Sabato 4 marzo, ore 17,30
4 - 22 marzo 2023,, Chaos Art Gallery, Vicolo al Leon d’Oro 8, Parma,
Orari: da martedì  a sabato 10:00-12:30 / 16:00-19:00, domenica 16:00-19:00.

 Per info e appuntamenti: 0521.1473924
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Martedì, 07 Febbraio 2023 22:44

Ma dove vanno a finire i nostri pensieri?

ENRICO BIGNETTI
"Ma dove vanno a finire i nostri pensieri?"

Si dice che la scienza debba cercare delle risposte e l'arte porre delle domande. Ma se fosse vero il contrario? Se fosse l'arte a cercare delle risposte e la scienza a porre delle domande? E se la risposta definitiva alla domanda fosse la domanda stessa? Questo è il paradosso che ci coglie osservando le opere di Enrico Bignetti, medico ve-terinario, biologo, professore, eclettico studioso di filosofia orientale e artista concettuale. La sua non è una mostra semplice, accomodante, non la è per i contenuti profondi e complessi che va a smuovere e sottopone alla nostra esperienza, ma è altresì estremamente coinvolgente nel condividerli. Come succede spesso per tanta arte concet-tuale, non imbarazza la nostra intelligenza, facendoci sentire inadeguati, ma la stimola, pur mettendoci in crisi nei confronti delle nostre credenze, destabilizzandoci. Usciamo dalla nostra "confort zone"
per entrare in un territorio d'ambiguità, contrasti, incertezze. Non ci dà conferme, assiomi, dogmi, ma dubbi. Tutto viene ribaltato e messo in discussione.
Le sue installazioni attivano i nostri circuiti emozionali, stuzzicano con l'ironia e l'enigmaticità, fanno intuire l'inganno dei nostri sensi e stupiscono. Alla fine sono quasi esperimenti e gli spettatori ne sono parte attiva, possono giocare a cambiare sesso, a decifrare i cerchi concentrici di un'elica, dove un artificio di arte cinetica è parte di un messaggio più grave sull'attitudine aggressiva dell'uomo. Quest'uomo che si sta autodistruggendo con le "sue magnifiche sorti progressive", come direbbe Leopardi, rischiando di diventare un fossile nella plastificazione del pianeta, privato ormai di risorse, succhiato dalla sua lucida follia ottusa ed egoista. L'evoluzione diventa invo-luzione, l'apparire si sovrappone all'essere, laddove da secoli ci si illude di volere e di potere, persino - nonostante l'antica ammonizione socratica - di sapere. Ma davvero? La risposta di Bignetti (teorizzata anche in una disamina scientifica sul modello cognitivo umano e sulla negazione della coscienza in quanto libero arbitrio, il cosiddetto "Bignetti Model") con un amaro sorriso, è constatazione dell'essere meccanismi in un gioco che non si può control-lare, in un tutto al quale non resta che arrendersi, abbandonarsi come fanno i saggi d'Oriente. Ma dove andiamo a finire? Dove vanno a finire i nostri pensieri?
Il punto interrogativo evapora e poi ripiega verso il basso, la domanda s'avvolge su se stessa, è un amo attaccato all'infinito, un'onda che si ripete in eterno. In fondo questo ci resta: cogito ergo sum. Forse.
    
Manuela Bartolotti

  

Enrico Bignetti (Bico) è nato a Brescia nel 1949 e vive a Noceto (Pr). Laureato in Medicina Veterinaria all'Università di Parma nel
1974. Entrato come assistente all'Istituto di Biologia Molecolare di Parma, ha coadiuvato il Prof. G.L. Rossi nelle lezioni di Fisica. Gli è stato conferito il titolo di Professore Incaricato di "Fisiologia Veterinaria nel 1974. Nel 1995 è diventato Prof. Associato di "Biochi-mica clinica e Biologia Molecolare Clinica". Ha diretto prima l'Istituto di Biologia Molecolare, poi quello di Biochimica Veterinaria. si è poi trasferito al Dipartimento di Fisica, collaborando al corso di Laurea di Fisica e di Medicina Umana di Parma. Tornato a Medicina Veterinaria, alla fine del 2017, ha terminato la sua attività didattica ma non quella di ricerca. Ha svolto attività accademica in Svizzera e negli USA e ha approfondito le neuroscienze, facendo alcune importanti scoperte, in particolare sul meccanismo degli organi di senso e sugli effetti psico-attivi degli alimenti.
Ha partecipato e organizzato diversi convegni nazionali ed internazionali, pubblicando centinaia di lavori su riviste specializzate. Dal 2000 in poi, ha studiato la relazione cervello-mente e la natura computazionale della mente, elaborando un modello cognitivo umano, "The Bignetti Model" (TBM), secondo il quale il libero arbitrio sarebbe un'illusione della mente. Il modello ha riscosso notevole interesse presso la comunità scientifica mondiale.
Nel 2021 è stato invitato al convegno internazionale di "Neuroscienze e Psichiatria" a Vienna per esporre la sua tesi. È in procinto di pubblicare un nuovo libro dal titolo: "La nostra vita è Reale o Virtuale?". Da circa 40 anni insegna Hatha-Yoga. Come artista concettuale che unisce arte e scienza, ha esposto principalmente a Brescia, Cremona, Parma e provincia.

 

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Martedì, 07 Febbraio 2023 22:28

Ma dove vanno a finire i nostri pensieri?

ENRICO BIGNETTI


FONDAZIONE UCCIA FIENI
CHAOS ART GALLERY 
 
sono liete di Invitare la S.V. all’inaugurazione della mostra
 

"Ma dove vanno a finire i nostri pensieri?" 

ENRICO BIGNETTI
 
Sabato 11 febbraio 2023 - Ore 17,30
 
 Una mostra che stupisce, fa riflettere e fa sorridere amaro. Scardina le nostre certezze con installazioni coinvolgenti e intriganti. Arte e scienza si combinano non per risolvere, ma per aprire nuovi interrogativi. La domanda è libertà. Come scrisse Leopardi: “Il forse è la parola più bella del vocabolario italiano. Perché apre delle possibilità, non certezze. Perché non cerca la fine, ma va verso l'infinito.” Allora, dove vanno a finire i nostri pensieri? Scopriamolo alla Chaos Art Gallery da sabato 11 febbraio alle 17,30.
 
 
Marcheselli
 

 

"Ma dove vanno a finire i nostri pensieri?" 
ENRICO BIGNETTI

a cura di Manuela Bartolotti, 11 febbraio - 1 marzo 2023,
Chaos Art Gallery, vicolo al Leon d’Oro 8, Parma

Orari: da martedì a sabato 10:00-12:30 / 16:00-19:00, domenica 16:00-19:00. 
25 e 26 dicembre chiuso / 24 e 31 dicembre ore 10:00 - 12:30 / 1 e 6 gennaio ore 16:00 - 19:00
Per info e appuntamenti: 0521.1473924 
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..


 
 


  

FONDAZIONE UCCIA FIENI ONLUS
Sede Legale presso Casa Cura Città di Parma

Piazzale Athos Maestri 5 - 43123 Parma
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Martedì, 24 Gennaio 2023 22:38

La poesia delle piccole cose

ANTONIO HAUPALA
"La poesia delle piccole cose"

La silenziosa contemplazione della bellezza che è intorno, dal più piccolo fiore al cielo stellato. Antonio Haupala, artista italo-thailandese, riprende lo stile dei simbolisti francesi della fine dell’800, ma immergendolo in un’atmosfera ovattata e di grazia tutta orientale. Natura e uomo si fondono in quiete e armonia. Tutto vale, come scriveva Whitman, e tutto ci palpita dentro. È poesia delle piccole cose. La sua pittura ci dà lo stupore e l’emozione di quegli attimi fugaci come petali o evanescenti come la nebbia. Effimeri ma indimenticabili.

Le opere dell’artista italo-thailandese Haupala sembrano appartenere ad un’altra epoca, riportare ad un mondo fatto di sentimenti purissimi, di sensazioni che parevano perdute. I suoi effetti atmosferici, soffusi e sfocati creano quell’aura di sogno capace di trasportare in una dimensione parallela di quieta contemplazione, di armonia tra uomo e natura. La sua arte, persino nelle originali cornici fatte da lui che riprendono i motivi del quadro, in una sorta di continuità creativa, rievoca il simbolismo di Redon e di Maurice Denis, il naturalismo incantato dei Nabis. Protagoniste sono spesso le figure femminili, in atteggiamento pensoso e solitario, in interni rassicuranti o circondate da fioriture matissiane. Sono immerse in un malinconico silenzio dove cose e persone paiono strette in un dialogo intimissimo, sospese in un limbo tra ricordo e attesa. Particolarmente suggestivi sono “La notte di San Lorenzo”, col cielo rutilante di colori, ricamato di stelle variopinte, “I soffioni” che, rievocano le fantasie floreali del primo Klimt, “Ridare la libertà”, un estratto di puro lirismo realizzato con tinte sobrie e dove le due ali che disegnano il volo dell’uccello, sono il fulcro e la forza di tutta la composizione. È come se la grazia e l’armonia orientale si fossero fuse con le foschie e le nebbie della Pianura padana, innescando una magia che consente di “sentire” la natura, d’immergersi nel suo profondo mistero, per coglierne l’essenza. Haupala ci riporta indietro nel tempo e lontano nello spazio, lasciandoci indugiare sulle piccole cose, sulla meraviglia di un fiore, di un volo, di un gesto che libera, di uno sguardo verso l’oltre o dentro se stessi. All’infinito.    Manuela Bartolotti

 

 

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Martedì, 24 Gennaio 2023 22:25

La poesia delle piccole cose

Haupala

FONDAZIONE UCCIA FIENI CHAOS ART GALLERY  
sono liete di Invitare la S.V. all’inaugurazione della mostra

 

ANTONIO HAUPALA
"La poesia delle piccole cose"
 

 


Sabato 28 gennaio, ore 17,30


E studio molteplici oggetti, neanche due eguali tra loro e tutti buoni,
la terra buona e buone le stelle, e buono ciò che sta con esse.
(Walt Whitman) 

 

La silenziosa contemplazione della bellezza che è intorno, dal più piccolo fiore al cielo stellato. Antonio Haupala, artista italo-thailandese, riprende lo stile dei simbolisti francesi della fine dell’800, ma immergendolo in un’atmosfera ovattata e di grazia tutta orientale. Natura e uomo si fondono in quiete e armonia. Tutto vale, come scriveva Whitman, e tutto ci palpita dentro. È poesia delle piccole cose. La sua pittura ci dà lo stupore e l’emozione di quegli attimi fugaci come petali o evanescenti come la nebbia. Effimeri ma indimenticabili.

 

Le opere dell’artista italo-thailandese Haupala sembrano appartenere ad un’altra epoca, riportare ad un mondo fatto di sentimenti purissimi, di sensazioni che parevano perdute. I suoi effetti atmosferici, soffusi e sfocati creano quell’aura di sogno capace di trasportare in una dimensione parallela di quieta contemplazione, di armonia tra uomo e natura. La sua arte, persino nelle originali cornici fatte da lui che riprendono i motivi del quadro, in una sorta di continuità creativa, rievoca il simbolismo di Redon e di Maurice Denis, il naturalismo incantato dei Nabis. Protagoniste sono spesso le figure femminili, in atteggiamento pensoso e solitario, in interni rassicuranti o circondate da fioriture matissiane. Sono immerse in un malinconico silenzio dove cose e persone paiono strette in un dialogo intimissimo, sospese in un limbo tra ricordo e attesa. Particolarmente suggestivi sono “La notte di San Lorenzo”, col cielo rutilante di colori, ricamato di stelle variopinte, “I soffioni” che, rievocano le fantasie floreali del primo Klimt, “Ridare la libertà”, un estratto di puro lirismo realizzato con tinte sobrie e dove le due ali che disegnano il volo dell’uccello, sono il fulcro e la forza di tutta la composizione. È come se la grazia e l’armonia orientale si fossero fuse con le foschie e le nebbie della Pianura padana, innescando una magia che consente di “sentire” la natura, d’immergersi nel suo profondo mistero, per coglierne l’essenza. Haupala ci riporta indietro nel tempo e lontano nello spazio, lasciandoci indugiare sulle piccole cose, sulla meraviglia di un fiore, di un volo, di un gesto che libera, di uno sguardo verso l’oltre o dentro se stessi. All’infinito.     Manuela Bartolotti

 

ANTONIO HAUPALA : "La poesia delle piccole cose"
a cura di Manuela Bartolotti, 28 gennaio - 8 febbraio 2023, Chaos Art Gallery, Vicolo al Leon d’Oro 8, Parma,
Orari: da martedì  a sabato 10:00-12:30 / 16:00-19:00, domenica 16:00-19:00.

 Per info e appuntamenti: 0521.1473924
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Sede Legale presso Casa Cura Città di Parma

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Published in NEWS
Venerdì, 13 Gennaio 2023 15:03

ACCADEMIA DEL CINGHIO

ACCADEMIA DEL CINGHIO
Antonio Monica, Carlo Mori, Giovanni Provenzali

Tre originali amici e artisti si ritrovano idealmente attraverso le loro opere e fanno rivivere alla Chaos ART GALLERY l’atmosfera dell’Accademia del Cinghio, negli anni ‘60 fucina creativa di cultura cittadina. Un amarcord dell’arte.

L’Accademia del Cinghio

Pochi lo sanno ma a Parma esiste anche l'Accademia del Cinghio. Ha sede poco distante dal torrente omonimo fra i legni compatti e preziosi del laboratorio di un mobiliere giustamente famoso. È nata dall'incontro quasi casuale della passione per la pittura di Antonio Monica, Carlo Mori, Giovanni Provenzali, Claudio Castagna e Alide Boschi e si è sviluppata con rigoglio, riempiendo l'improvvisato atélier con una ricca umanità che si rinnova ogni settimana, puntualissimamente.(…)
È un'accademia veramente un po’ strana. Ognuno ha il suo stile. Si dipingono gli stessi soggetti, ma secondo interpretazioni disparatissime. Con tutta tranquillità, buttando le critiche anche salaci l'uno al lavoro dell'altro. “Nessuno vuole vendere i quadri che fa. Tutto così va molto meglio” ha detto Provenzali. L'Accademia è nata dalla passione per la pittura di Antonio Monica e di Carlo Mori. Poi, piano piano, sono arrivati gli altri. Mancava solo il nome:l'Accademia del Cinghio.
(…)
Ogni tanto, a questi si aggiungono degli accademici improvvisati, lieti di utilizzare una mattinata festiva per lavorare in gruppo. Lieti di poter sfotticchiare, ed essere sfotticchiati, senza punte di cattiveria, lieti insomma di poter dipingere senza tanti patemi e senza tanti ipercritici alle spalle.
Ma la cosa più straordinaria di questa accademia di pittori della domenica, che non hanno nessuna difficoltà ad ammettere di essere tali, che anzi ci tengono a questo lavoro esclusivamente festivo in gruppo (nell’atélier con la brutta stagione, tutti insieme alla ricerca di un qualche scorcio gradevole all'aperto quando l'aria è calda e c'è il sole) è che i risultati sono ottimi. Molti dei cosiddetti “professionisti” vorrebbero poter mettere la loro firma sotto una delle opere dell'Accademia del Cinghio.
Dalla Gazzetta di Parma 4 marzo 1968

 

 

 

 

Published in Mostre 2023
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